Salon du Livre de Montreuil, Paris.
Potrei dire che ho atteso a scrivere questo post per far decantare le mie impressioni, per farne aprire il bouquet come il vino buono, ma non lo farò.
Ho atteso perché non ho avuto il tempo di scriverlo prima.
Ho partecipato alla ventisettesima edizione del Salone del Libro e della presse Jeunesse di Montreuil a Parigi dal 30 novembre al 5 dicembre, con la mia cartellina sotto un braccio e tante speranze sotto l’altro.
Ho condiviso questa bella e significativa esperienza con Laura Iorio, Michela Burzo e Ilaria Ruggeri, illustratrici di indubbio talento: ho scritto tre storie per il pubblico “jeunesse”, e con loro ho incontrato direttori artistici delle più grandi e prestigiose case editrici francesi.
L’esperienza in fiera è stata foriera di insegnamenti: come ad esempio l’indirizzo opportuno del vestiario in fiera (solo cotone, o si rischia la disidratazione); il corretto atteggiamento da tenere con gli addetti al settore; la pazienza necessaria a lavorare in un ambiente in cui regnano come principi indiscussi centinaia di bambini scatenati e una “orrenda falange di pubescenti”.
Scherzi a parte, la stanchezza è stata enorme, sia per le energie fisiche impiegate, sia per quelle emotive e mentali. A volte è stato esaltante e l’energia di ritorno mi ripagava delle difficoltà da superare, altre è stato necessario invece attingere alle mie riserve per stringere i denti e continuare a credere nei miei progetti.
La fiera era dedicata al Circo, e l’atmosfera che ne derivava invogliava a creare. Gironzolare, tra un incontro e l’altro, in mezzo gli stand, osservare gli illustratori autografare e dedicare i propri libri, vedere i volti dei bambini entusiasti di questa o quella storia mi ha messo addosso una enorme voglia di scrivere. Se avessi potuto, mi sarei seduta a un angolino e avrei trascorso tutto il tempo a inventare nuovi mondi per quelle menti fertili. E l’ho anche fatto, buttando giù un incipit di una nuova storia (che faccio fatica a leggere per quanto è scarabocchiato), mentre attendevo di essere chiamata a un incontro con il direttore artistico di turno.
Ho presentato delle storie difficili: perché ne ho abbastanza della ennesima rivisitazione di Alice e delle principesse e dei cavalieri. Perché credo nella importanza di trasmettere messaggi di spessore, affinché il territorio intonso che sono i bambini e i ragazzi sia reso fertile. Perché credo fortemente che le storie vivano in coloro che le leggono, e meglio sia che vivano storie buone piuttosto che banalità e conformismo.
Non so se ciò che abbiamo presentato sia piaciuto: forse si, forse no. Gli editori devono vendere, e danno al pubblico ciò che il pubblico chiede… ma non ne sono tanto sicura. Loro stessi innescano trend in ribasso, foraggiando bisogni superflui, all’altare dei quali i bambini imparano a sacrificare la propria vera essenza. Spero che qualche editore punti sulla novità e sulla qualità. Proprio qualche giorno fa pensavo che quando avevo dieci anni lessi David Copperfield, Un Canto di Natale, Anna Karenina, Guerra e Pace, I miserabili e tutta una serie di libri che amo molto tuttora e che mi hanno formata come persona, e che di “facile” non avevano nulla, e non posso (e non voglio) credere di averlo fatto solamente io, né di essere stata l’ultima a farlo. Vedremo.
Alla fine, un salto all’atelier in cui vive e lavora Laura insieme a Roberto Ricci, Matteo Simonacci e Simone Puccio: un saluto ai ragazzi italiani che, con grande professionalità e altrettanto grande talento, dedicano la propria vita al faticoso mondo dell’Arte inseguendo un sogno.
Una dedica speciale per Urban, l’ultimo fumetto di Roberto Ricci, e poi via all’aereoporto e a Roma.
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